Le isole di plastica consistono in migliaia di tonnellate di rifiuti che vagano negli oceani, ammucchiati da detriti e fango, difficili da smaltire e (quasi) irrecuperabili.
Piene di spazzatura, di plastica e complicate da gestire. Stiamo parlando delle isole di plastica, chiamate così essendo totalmente circondate dall’acqua e formate in larga parte da rifiuti di plastica e spazzatura di vario genere, detriti e fango. Tali isole, però non sono “fisse”: vengono spinte in mare aperto dalle correnti marine che, inevitabilmente, le porta a raccogliere ancora più spazzatura.
Nel mondo ci sono tantissimi atolli del genere e alcuni sono addirittura attualmente in formazione, ma altre hanno già diversi anni alle spalle, per un totale di 8 tonnellate di spazzatura che vaga tra le acque del nostro pianeta. Sommariamente, le isole a cui è stato dato un nome e che attualmente sono monitorate, sono sette.
Le isole di spazzatura: le meno note
Le isole di plastica si presentano di varia grandezza. La più piccola delle isole di plastica si chiama Artic Garbage Patch e si trova nel mare di Barents nei pressi del circolo polare artico. I detriti di cui è composta provengono dall’Europa e dal Nord America che, seguendo le correnti oceaniche, arrivano fino in Norvegia.
Dopodiché, poco più grande, c’è Indian Ocean Garbage Patch, chiamata così poiché ritrovata a vagare nell’Oceano Indiano. La sua esistenza si ipotizza risalga al 1988, ma è stata scoperta circa 20 anni dopo, nel 2010. Quest’isola si estende per più di 2 chilometri di diametro e con una densità di 10mila detriti al km².
Concludiamo la classifica delle isole di plastica medie con la South Atlantic Garbage Patch: scoperta solo di recente, si trova tra l’America del Sud e l’Africa meridionale. Si estende per oltre 1 milione km² e viene mossa dalla corrente oceanica sud atlantica.
Le isole più note di plastica (e le più preoccupanti)
Tra le tre più grandi isole di plastica, la medaglia di bronzo va a North Atlantic Garbage Patch. Scoperta nel 1972, si muove seguendo le correnti oceaniche nord atlantiche, ed è la seconda isola più grande per estensione e per la sua alta densità di rifiuti: ben 200mila detriti per km².
Dopodiché abbiamo la South Pacific Garbage Patch, scoperta al largo del Cile e del Perù, grande 8 volte l’Italia: con una superficie che si aggira intorno ai 2,6 milioni di km² e contiene prevalentemente microplastiche. Viene considerata una delle più difficili da smaltire. Infine, la più grande isola di plastica, come cita anche il sito “Save the planet” è la Great Pacific Garbage Patch, chiamata anche “Pacific Trash Vortex”.
Ha alle spalle circa 40 anni di accumuli di rifiuti, sebbene sia stata scoperta nel 1997, quando il velista Charles Moore si trovò circondato da milioni di pezzi di plastica, durante una gara in barca dalle Hawaii alla California. Si trova nell’oceano Pacifico, tra la California e l’Arcipelago Hawaiano, e si sposta seguendo la corrente oceanica del vortice subtropicale del Nord Pacifico.
Le sue dimensioni sono immense: è stato stimato (non ancora ufficializzato) che potrebbe andare dai 700mila ai 10 milioni di km² pari alle dimensione del Canada. La concentrazione massima raggiunge un milione di rifiuti per km², per un totale di immondizia che oscilla tra i 3 e i 100 milioni di tonnellate di rifiuti complessivi. Questa grande chiazza è composta prevalentemente da plastica, metalli leggeri e residui organici in decomposizione.
Che problemi creano le isole di plastica?
Le isole, come abbiamo spiegato, sono pura plastica e detriti. La plastica, decomponendosi, si trasforma in microplastica o ancora in nanoplastica, che, una volta distaccata, si disperde in mare. Questi frammenti piccolissimi e leggerissimi vanno così a mescolarsi tra le acqua del mare fino ad arrivare alle nostre reti idriche.
Inoltre, le microplastiche hanno a che fare con la fauna e flora marina, soprattutto con il plancton, le particelle elementari da cui si rigenera la vita negli oceani, la base, quindi, di tutta la catena alimentare. Non solo: ogni anno diverse migliaia di animali marini (mammiferi, uccelli e tartarughe), vengono uccisi da oggetti di plastica di cui si nutrono per sbaglio o in cui rimangono intrappolati.
Come risolvere il problema della plastica?
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), l’isola di rifiuti del Pacifico, starebbe crescendo molto in fretta, alimentata da circa una tonnellata di rifiuti al giorno, tanto che presto potrebbe essere visibile anche dallo spazio. Dunque come combattere le isole di plastica? Al momento la questione è stata sollevata anche in merito all’impatto dell’inquinamento sull’ambiente.
Tuttavia, il vero problema, riguarda principalmente il loro smaltimento: è difficile avere a che fare con isole così “frantumabili”, dato il pericolo della dispersione in mare, così come neanche smaltirle poco per volta è la soluzione giusta, per lo stesso motivo. Mentre si sta cercando di capire come eliminare le isole di plastica, lavorando anche a diverse invenzioni, nel nostro piccolo possiamo dare una mano cominciando a rimuovere la plastica già nella nostra vita quotidiana, cercando delle soluzioni alternative per sostituire ed eliminare bicchieri, bottiglie e altri oggetti quotidiani in plastica e monouso.
Fonti: Save the planet, Everyeye, National Geographic